ANNO 14 n° 119
Livingstone in Salotto
Comprendere l'altro
>>>> di Massimiliano Capo <<<<
27/07/2015 - 02:01

di Massimiliano Capo

VITERBO - Immaginate due finestre. E due persone, due vicini, che guardano attraverso di loro. In linea di massima vedono quasi lo stesso paesaggio ma forse lo vedono in modo diverso. Se amo il mio vicino ascolterò la descrizione di ciò che vede e sebbene io non veda la stessa cosa, sentirò che mi sta dicendo qualcosa. Che mi parla. Che mi lancia la sfida di un possibile arricchimento. Ciò che vedo dalla mia finestra è il mio mondo ma non è tutto il mondo.

La metafora della finestra è di Raimon Pannikar che incontreremo di nuovo più avanti.

''Le leggi della coscienza, che noi diciamo nascere dalla natura, nascono dalla consuetudine; ciascuno, infatti, venerando intimamente le opinioni e gli usi approvati e accolti intorno a lui, non può disfarsene senza rimorso né conformarvisi senza soddisfazione. Ma il principale effetto della sua potenza è che la consuetudine ci afferra e ci stringe in modo tale che a malapena possiamo riaverci dalla sua stretta e rientrare in noi stessi per discorrere e ragionare dei suoi comandi. In verità, poiché li succhiamo col latte fin dalla nascita e il volto del mondo si presenta siffatto al nostro primo sguardo, sembra che noi siamo nati a condizione di seguire quel cammino. E le idee comuni che vediamo aver credito intorno a noi e che ci sono infuse nell’anima dal seme dei nostri padri, sembra siano quelle generali e naturali. Per cui accade che quello che è fuori dai cardini della consuetudine (cioè la nostra particolare cultura) lo si giudica fuori dai cardini della ragione: Dio sa quanto irragionevolmente, perlopiù''.

Così nella seconda metà del cinquecento il buon vecchio e sempre attuale Michel de Montaigne.

Che forse andrebbe letto e riletto per imparare che non c’è nulla di meno naturale di quello che sembra esserlo e che qualunque idea, convinzione, certezza, andrebbero sottoposte alla prova del dialogo.

Del dialogo con l’altro, attraverso quella che Raimon Pannikar chiama l’ermeneutica diatopica e cioè, per dirlo più semplicemente, il metodo con cui guardare alla realtà che ci circonda cogliendo la natura culturale (cioè parziale) di tutte le manifestazioni della natura umana con l’obiettivo di comprendere, figli come Montaigne di una cultura specifica, le idee prodotte da un’altra.

Non rimanendo nell’ambito della semplice descrizione di ciò che ogni cultura ha prodotto per giungere a compiere la propria visione del mondo ma ricercando, nel dialogo, nello scambio, nella relazione, gli spazi di comprensione profonda che sono alla base del riconoscimento dell’altro da sé.

Spazi di relazione che Pannikar individua negli ‘equivalenti omeomorfici’ e cioè, ancora una volta in parola più semplici, nella medesima funzione esistenziale (che ha, cioè, a che fare con la nostra vita) che svolgono, all’interno di un sistema di pensiero, concetti diversi appartenenti a culture diverse e che, sulla base di questa stessa funzione, hanno la capacità di attivare il dialogo.

Il dialogo che nasce dalla parola.

Quella parola che ci fa persona.

''Un individuo è un nodo isolato; una persona il tessuto che sta attorno al nodo, frammento del tessuto totale che costituisce il reale. I limiti della persona non sono determinati anticipatamente, dipendono interamente dalla sua personalità. E’ innegabile che senza i nodi il tessuto si disferebbe; ma senza il tessuto i nodi neppure esisterebbero''.

È nel dialogo fra persone che si aprono gli spazi di conoscenza profonda di sé. Nel superamento della nozione di verità come chiusura che si attivano le ragioni dell’amore reciproco.

Dell’amore come riconoscimento dell’altro come persona, come tessuto di relazioni che sta intorno al nodo del sé individuale.

E’ nell’apertura, nella disposizione curiosa, nel sorriso, nella grazia, nell’accoglienza, che la parola dice davvero.

E’ nella paradossale consapevolezza della indicibilità di tutto ciò che ci circonda la chiave per aprirci alla relazione fruttuosa con l’altro.

''Pretendo solo di far posto alla incommensurabilità, dato che non vedo la necessità di misurare tutto''.

Buon lunedì.

 

 

 





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